L’art. 17 D.L. n. 132 del 12.9.2014, convertito dalla Legge n. 162 del 10.11.2014, ha introdotto i commi IV e V dell’art. 1284 cod. civ.:
«Se le parti non ne hanno determinato la misura, dal momento in cui è proposta una domanda giudiziale il saggio degli interessi legali è pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.
La disposizione del quarto comma si applica anche all’atto con cui si promuove il procedimento arbitrale».
La novella intende regolare le conseguenze dei lunghi tempi di durata del processo civile, spesso eccedenti la “ragionevolezza” di cui parlano l’art. 6, par. 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e l’art. 111 Cost. e, dunque, ha il preciso scopo di scoraggiare gli atteggiamenti strumentali, facendo ricadere sul debitore inadempiente gli esiti del ricorso a una litigiosità ingiustificata.
La Relazione del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro Guardasigilli di accompagnamento al disegno di legge, presentata al Senato, ha evidenziato la posizione assai arretrata dell’Italia nella classifica del rapporto Doing Business della Banca Mondiale sull’efficienza della giustizia che, in ottica di comparazione competitiva e concorrenziale tra i vari sistemi giuridici, rende poco attractive il nostro ordinamento da parte degli investitori/creditori.
A tal fine, è stata prevista l’applicazione del tasso d’interesse (oggi pari all’8,00%), disciplinato dal d.lgs. 9.10.2002, n. 231 per le sole transazioni commerciali[1], per tutti i giudizi introdotti dopo l’entrata in vigore della riforma (10.11.2014).
Tale richiamo normativo ha, pertanto, funzione deflattiva del contenzioso, frequentemente adoperato a fini puramente dilatori da parte dei debitori inadempienti.
Ciononostante, le intenzioni del legislatore sono state in parte deluse dai primi approcci della giurisprudenza della Suprema Corte, che ha escluso dall’àmbito di applicazione normativa le obbligazioni derivanti da atti illeciti e dai quasi-contratti, limitandone la portata alle sole obbligazioni di valuta di fonte contrattuale.
Secondo la Cassazione, infatti, l’incipit della nuova norma – “se le parti non ne hanno determinato la misura” – ne circoscriverebbe l’applicazione alle sole obbligazioni pecuniarie, che trarrebbero la loro fonte da un accordo precedente e, dunque, da un contratto[2].
Tale interpretazione è eccessivamente restrittiva rispetto alla volontà innovativa della riforma; d’altronde, le transazioni commerciali erano già soggette alla disciplina del d.lgs. 9.10.2002, n. 231 e s.m. e i.
Auspicando un revirement da parte della Suprema Corte, si segnala il diverso approccio della giurisprudenza di merito: “il dettato normativo novellato è chiaro ed univoco, prevedendo due diversi saggi di interessi denominati, sia al primo comma che al quarto comma, legali. Il saggio degli interessi legali è quello previsto dal decreto del Ministro del Tesoro (comma primo), ma dal momento in cui è proposta domanda giudiziale tale saggio è parificato al saggio previsto per i ritardi nei pagamenti commerciali. La disciplina favorevole all’imprenditore, che prevede un saggio di interesse elevato ed una decorrenza automatica degli interessi di mora, è stata estesa a qualsiasi rapporto abbia ad oggetto una somma di denaro dal momento in cui sia stata proposta domanda giudiziale (o di arbitrato)”[3].
Nel contempo, si segnalano alcune decisioni in sede esecutiva, relative a procedimenti seguiti da questo studio associato[4], in cui il Giudice dell’Esecuzione ha accolto la richiesta di riconoscimento degli interessi al tasso moratorio, quantomeno dalla data della notifica del precetto, indipendentemente dalla natura originaria del credito, sulla scorta della valenza novativa riconosciuta alla sentenza che accerta e liquida l’obbligazione[5].
Infine, si segnala che il diritto agli interessi previsti dal quarto comma dell’art. 1284 c.c. è stato affermato pur in assenza di “specifica richiesta del creditore, essendo sul punto sufficiente una mera domanda di pagamento degli interessi legali”[6]; e “senza necessità di apposita precisazione in sentenza”[7].
[1] Intese, ex art. 2, comma 1º, lett. a), d.lgs. 9.10.2002, n. 231, quali contratti, comunque denominati, tra imprese, tra esercenti una libera professione, tra imprese ed esercenti una libera professione, tra imprese e esercenti una libera professione e pubbliche amministrazioni, che comportino, in via esclusiva prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi contro il pagamento di un prezzo.
[2] Cfr. Cass., 7.11.2018, n. 28409, e Cass., ord. 25.3.2019, n. 8289.
[3] cfr. Tribunale di Padova, sentenza del 15.10.2018.
[4] Cfr. Ordinanza di assegnazione del Tribunale di Napoli del 4.2.2020 e del 24.2.2020.
[5] In questi termini, cfr. B. Sassani, R. Pardolesi, Degiurisdizionalizzazione e altri interventi per la definizione dell’arretrato”, in Foro it., 2015, V, 62 ss.
[6] D’altronde, “L’individuazione della disciplina degli interessi concretamente applicabile alla fattispecie è un’operazione di qualificazione giuridica della domanda di esclusiva pertinenza dell’autorità giudicante, da orientare secondo il parametro lex specialis derogat lex generalis”. Cfr. Tribunale di Firenze, Sentenza della III sez. civ. del 24.1.2017.
[7] Cfr. Cass. Civ. n. 8289/2019 e n. 8050/2019.
Misure per il contrasto del ritardo nei pagamenti
Studio Capponi e Di Falco
L’art. 17 D.L. n. 132 del 12.9.2014, convertito dalla Legge n. 162 del 10.11.2014, ha introdotto i commi IV e V dell’art. 1284 cod. civ.:
«Se le parti non ne hanno determinato la misura, dal momento in cui è proposta una domanda giudiziale il saggio degli interessi legali è pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.
La disposizione del quarto comma si applica anche all’atto con cui si promuove il procedimento arbitrale».
La novella intende regolare le conseguenze dei lunghi tempi di durata del processo civile, spesso eccedenti la “ragionevolezza” di cui parlano l’art. 6, par. 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e l’art. 111 Cost. e, dunque, ha il preciso scopo di scoraggiare gli atteggiamenti strumentali, facendo ricadere sul debitore inadempiente gli esiti del ricorso a una litigiosità ingiustificata.
La Relazione del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro Guardasigilli di accompagnamento al disegno di legge, presentata al Senato, ha evidenziato la posizione assai arretrata dell’Italia nella classifica del rapporto Doing Business della Banca Mondiale sull’efficienza della giustizia che, in ottica di comparazione competitiva e concorrenziale tra i vari sistemi giuridici, rende poco attractive il nostro ordinamento da parte degli investitori/creditori.
A tal fine, è stata prevista l’applicazione del tasso d’interesse (oggi pari all’8,00%), disciplinato dal d.lgs. 9.10.2002, n. 231 per le sole transazioni commerciali[1], per tutti i giudizi introdotti dopo l’entrata in vigore della riforma (10.11.2014).
Tale richiamo normativo ha, pertanto, funzione deflattiva del contenzioso, frequentemente adoperato a fini puramente dilatori da parte dei debitori inadempienti.
Ciononostante, le intenzioni del legislatore sono state in parte deluse dai primi approcci della giurisprudenza della Suprema Corte, che ha escluso dall’àmbito di applicazione normativa le obbligazioni derivanti da atti illeciti e dai quasi-contratti, limitandone la portata alle sole obbligazioni di valuta di fonte contrattuale.
Secondo la Cassazione, infatti, l’incipit della nuova norma – “se le parti non ne hanno determinato la misura” – ne circoscriverebbe l’applicazione alle sole obbligazioni pecuniarie, che trarrebbero la loro fonte da un accordo precedente e, dunque, da un contratto[2].
Tale interpretazione è eccessivamente restrittiva rispetto alla volontà innovativa della riforma; d’altronde, le transazioni commerciali erano già soggette alla disciplina del d.lgs. 9.10.2002, n. 231 e s.m. e i.
Auspicando un revirement da parte della Suprema Corte, si segnala il diverso approccio della giurisprudenza di merito: “il dettato normativo novellato è chiaro ed univoco, prevedendo due diversi saggi di interessi denominati, sia al primo comma che al quarto comma, legali. Il saggio degli interessi legali è quello previsto dal decreto del Ministro del Tesoro (comma primo), ma dal momento in cui è proposta domanda giudiziale tale saggio è parificato al saggio previsto per i ritardi nei pagamenti commerciali. La disciplina favorevole all’imprenditore, che prevede un saggio di interesse elevato ed una decorrenza automatica degli interessi di mora, è stata estesa a qualsiasi rapporto abbia ad oggetto una somma di denaro dal momento in cui sia stata proposta domanda giudiziale (o di arbitrato)”[3].
Nel contempo, si segnalano alcune decisioni in sede esecutiva, relative a procedimenti seguiti da questo studio associato[4], in cui il Giudice dell’Esecuzione ha accolto la richiesta di riconoscimento degli interessi al tasso moratorio, quantomeno dalla data della notifica del precetto, indipendentemente dalla natura originaria del credito, sulla scorta della valenza novativa riconosciuta alla sentenza che accerta e liquida l’obbligazione[5].
Infine, si segnala che il diritto agli interessi previsti dal quarto comma dell’art. 1284 c.c. è stato affermato pur in assenza di “specifica richiesta del creditore, essendo sul punto sufficiente una mera domanda di pagamento degli interessi legali”[6]; e “senza necessità di apposita precisazione in sentenza”[7].
[1] Intese, ex art. 2, comma 1º, lett. a), d.lgs. 9.10.2002, n. 231, quali contratti, comunque denominati, tra imprese, tra esercenti una libera professione, tra imprese ed esercenti una libera professione, tra imprese e esercenti una libera professione e pubbliche amministrazioni, che comportino, in via esclusiva prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi contro il pagamento di un prezzo.
[2] Cfr. Cass., 7.11.2018, n. 28409, e Cass., ord. 25.3.2019, n. 8289.
[3] cfr. Tribunale di Padova, sentenza del 15.10.2018.
[4] Cfr. Ordinanza di assegnazione del Tribunale di Napoli del 4.2.2020 e del 24.2.2020.
[5] In questi termini, cfr. B. Sassani, R. Pardolesi, Degiurisdizionalizzazione e altri interventi per la definizione dell’arretrato”, in Foro it., 2015, V, 62 ss.
[6] D’altronde, “L’individuazione della disciplina degli interessi concretamente applicabile alla fattispecie è un’operazione di qualificazione giuridica della domanda di esclusiva pertinenza dell’autorità giudicante, da orientare secondo il parametro lex specialis derogat lex generalis”. Cfr. Tribunale di Firenze, Sentenza della III sez. civ. del 24.1.2017.
[7] Cfr. Cass. Civ. n. 8289/2019 e n. 8050/2019.
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